Giornata della memoria 2011
Dopo il suono della campanella delle ore 11.05, le classi scendono in strada e sfilano ordinatamente (beh, più o meno…). Il piccolo corteo, sotto una pioggia leggera e fredda, percorre il breve tragitto tra l’edificio di P.zza Marconi e la Chiesa di Sant’Antonio, con la composta allegria che si addice a una manifestazione così importante e all’età degli alunni. Gli arcobaleni delle bandiere della Pace compensano il grigiore del cielo di gennaio. All’ingresso in Chiesa, un primo attimo di stupore e d’incipiente commozione pervade tutti: dallo schermo preparato sull’altare, la foto di una bella signora, in elegante abbigliamento anni Cinquanta, ci accoglie con un sorriso solare. Quando le classi prendono posto, viene invitata a intervenire la signorina Susanna Barba, che si era mescolata coi ragazzi, camminando in coda al corteo, insieme a Martina e Valentina. Anche per lei – soprattutto per lei – l’immagine così luminosa della sua madrina ha costituito una sorpresa graditissima e commovente. Grazie a queste due donne, la Giornata della Memoria 2011 ha avuto un sapore speciale, qui a Camporotondo: i ragazzi, in silenzio (quasi tutti e quasi sempre…) hanno potuto ascoltare la testimonianza della giovane ospite, e hanno osservato direttamente preziosi documenti fotografici, per molti versi sconvolgenti, forniti dalla stessa famiglia Barba, e riguardanti l’esperienza di deportazione di Madame Suzanne Kalisz. Chi fosse Madame Suzanne i ragazzi lo sapevano già dai racconti di alcuni professori che l’avevano conosciuta personalmente. Addirittura, la Signora Kalisz aveva presenziato, con autorevolezza e lucidità, a un incontro con la scolaresca di Pedara, sei anni prima. Ma sentire dalla voce della sua figlioccia di Battesimo i ricordi dei lager di Auschwitz e di Bergen Belsen, resi con una sintesi sciolta e, allo stesso tempo, emozionata ed emozionante, ha significato per gli studenti della “Elio Vittorini” un’occasione unica, un’autentica lezione di vita.
Sorpresa a distribuire volantini di propaganda in favore del Generale De Gaulle e della Resistenza francese, Madame Suzanne Kalisz aveva diciotto anni quando fu arrestata a Parigi, il 7 luglio del 1943. Di origine polacca, figlia di padre cattolico e di madre ebrea, fu condotta dapprima nel campo di Drancy, per essere poi deportata ad Auschwitz e, successivamente, a Bergen Belsen. Sopravvisse agli stenti ed ai maltrattamenti forse anche perché un’amica musicista volle includerla in un’ orchestrina, che aveva il compito di rallegrare i soldati tedeschi, ma soprattutto di coprire le urla dei condannati dentro le camere a gas. Da Bergen Belsen, all’arrivo delle truppe sovietiche, venne liberata il 24 maggio del 1945. Dopo la terribile esperienza, che costò la vita alla madre e a due sorelle, per Suzanne iniziarono anni più sereni: l’apertura di una boutique di alta moda alle Champs Elisées e a Casablanca, grazie all’aiuto economico di parenti ebrei già affermati nel commercio di tessuti; quindi la conoscenza di un nobile siciliano, il marchese Atanasio di Taormina, che se ne innamorò e la volle sposare. Con il matrimonio cominciò anche il soggiorno in Sicilia, tra Giarre e Zafferana. E fu proprio a Petrulli, una contrada alle pendici dell’Etna, che Madame Suzanne conobbe la famiglia Barba. Divenutane grande amica, chiese di poter tenere a battesimo la prima bambina che fosse nata, e di poterle dare il suo stesso nome. E’ stato importante per tutti sapere che la Signora, fino all’ultimo giorno, continuò ad amare la vita, l’amicizia, i momenti di gioia e la solidarietà, che aveva imparato, come dono incancellabile, all’interno del lager, tra sofferenze indicibili.
La testimonianza di Susanna, fondata sulle confidenze che la Signora, di tanto in tanto, e mai in maniera sistematica, faceva a lei e al fratello Giancarlo, ha suscitato molte domande tra i ragazzi, che infine, davanti al video conclusivo preparato per l’occasione dall’architetto P.Mazzaglia, hanno espresso un livello di coinvolgimento straordinario. Come avvenne a Pedara con Madame in persona, tutti gli allievi hanno stretto la mano della gentile e generosa interlocutrice, e sono tornati in classe col cuore pieno di una certezza: che la vita è bella e va celebrata e condivisa.
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